La sentenza in commento statuisce in ordine alla impugnabilità degli atti del commissario ad acta. In particolare, sul presupposto che le parti possano contestare gli atti del commissario solo mediante reclamo - diversamente dai terzi che, in quanto non destinatari dell'effetto conformativo derivante dal giudicato, possono contestare gli atti del commissario solo mediante un ordinario ricorso impugnatorio con cui chiedere un accertamento principale sulla legittimità degli atti medesimi - dichiara inammissibile l'impugnazione presentata perché depositata, in violazione dell'art. 114 comma 6 c.p.a., oltre il termine decadenziale di 60 giorni.
La nota considera gli elementi problematici che conseguono alla ricostruzione del Consiglio di Stato, rifiettendo in particolare sul fatto che gli atti del commissario possono anche esorbitare dalla dimensione oggettiva del giudicato e quindi tradursi in concreto non tanto nell'esecuzione del provvedimento giurisdizionale, quanto in una riedizione discrezionale del potere amministrativo. Pertanto, riconoscere alle parti esclusivamente la possibilità di proporre reclamo significherebbe penalizzarle rispetto ai terzi e attribuire al giudice dell'ottemperanza una giurisdizione piena di cognizione, in spregio ai caratteri propri del processo esecutivo e in potenziale violazione dell'art. 112 c.p.a. che limita l'ambito della giurisdizione di ottemperanza alle sole questioni inerenti all'esecuzione dei provvedimenti del giudice amministrativo.
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