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Resumen de Moderno e postmoderno: stili e strategie

Elio Franzini

  • italiano

    Di fronte alla varietà di espressione artistiche che si pongono, o si sono poste, sotto il sigillo del Postmoderno, si vuole qui indagare se esso sia un variegato, e generico, movimento artistico sviluppatosi, a partire dagli anni Settanta, nel design, nell’architettura, nell’urbanistica, nel cinema o comunque nella generalità di quelle che un tempo erano chiamate “arti figurative” oppure un autonomo stile, con i suoi propri e specifici connotati. Il punto di partenza è, in ogni caso, che il Postmoderno è una strategia artistica associata a idee “radicali” e che, contrapponendosi, almeno implicitamente, al “Modernism”, ne spezza il progressivo universalismo adottando strategie legate alla parodia, al pastiche, alla citazione, in modo da reinventare il passato. Spezzare la narrazione del Moderno genera progressivamente, anche se non con evidenza, un nuovo “stile”, che pervade il mondo delle arti e della comunicazione. La conclusione, tuttavia, è che il Postmoderno non possa definirsi solo come “rottura” dei fondamenti dei vari “modernismi”. Al contrario, se se ne vuole comprendere un senso teorico e artistico, bisogna dedurre che esso si pone nella strategia del Moderno, inteso come pluralità dialogica, dove privilegiare una voce piuttosto che un'altra è solo il segno della scelta di una specifica curvatura interpretativa, non di una verità che si afferma a scapito di altre. La difficoltà di restringere questo mobile e variegato insieme in una sola immagine, induce così alla certezza che, proprio in virtù delle sue irrisolte aporie, l’epoca in cui viviamo sia nata qui: la genesi e lo sviluppo del Moderno ha mostrato che non vi è spazio per un’astratta purezza e che meccanico e organico, ragione e retorica, logica ed estetica, storico e antistorico, pur opposti, e per nulla dialettici, in una società che non è, e non sarà mai, di “puri spiriti”, hanno prodotto quella complessità che anche oggi attraversiamo, “nominandola” in vari modi.

  • English

    There’s no doubt, Leibniz was wrong: this is not the best of all possible worlds. In the past, men found consolation in artworks which, with their beauty, profundity and inventiveness, made it possible to imaginatively escape from, or discover a deeper meaning in, the real world. But in our current troubled times, art no longer comforts us. Damien Hirst’s diamond encrusted skulls and Maurizio Cattelan’s child-like mannequins are supposed to embody the best contemporary artistic reflections on life and death, while Jeffrey Koons’ balloon dogs or Michelangelo Pistoletto’s Third Paradise claim to offer intelligent amusement or prompt spiritual elevation. And the worst thing is that such poor (in terms of the formal imagination employed and, as a consequence, of the meaning conveyed) works are featured in the most important exhibitions, sold at crazy prices, celebrated in critical reviews and philosophical books. What might we do, as aestheticians, to reverse this trend, to make the world we inhabit, if not the best of all possible worlds, at least artistically better than now? I’ll try to show that only an aesthetic definition of art, properly re-shaped in light of recent discussions, can do this job, by offering us criteria of classification that also have normative force.


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