Nel processo a carico dell’ente, così come disciplinato nel d.lgs. 231/2001, non è ammissibile la costituzione della parte civile. Se l’illecito amministrativo ascrivibile all’ente non coincide con il reato, ma costituisce qualcosa di diverso, che addirittura lo ricomprende, deve escludersi che possa farsi un’applicazione degli artt. 185 c.p. e 74 c.p.p., che invece contengono un espresso ed esclusivo riferimento al “reato” in senso tecnico. L’ostacolo maggiore all’applicazione diretta dell’art. 185 c.p. nella disciplina del processo ex d.lgs. 231/2001 – non importa se attraverso una interpretazione estensiva o analogica – è costituito dagli stessi limiti ermeneutici ed applicativi della norma citata, che si riferisce esclusivamente ai danni cagionati dal reato, nozione quest’ultima che non può coprire anche l’illecito dell’ente, così come delineato nel citato d.lgs. 231/2001. Allo stesso modo, anche l’art. 74 c.p.p. non può trovare applicazione attraverso la clausola di chiusura contenuta nell’art. 34 d.lgs. 231/2001, in quanto esso consente la costituzione della parte civile in funzione del ristoro dei danni previsti dall’art. 185 c.p., espressamente richiamato, cioè dei danni derivanti dal reato.
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