L’articolo prende in considerazione il peso crescente che gli schermi dei nostri dispositivi di comunicazione di informazioni ed elaborazione di dati stanno acquisendo in quanto “schermi di scrittura”. Tali schermi costituiscono un pericolo per l’esperienza individuale e collettiva, in quanto ridisegnano profondamente i tempi e i ritmi delle attività umane, in primo luogo il lavoro, che diventa una forma di vita che non smette mai di accompagnare le nostre esistenze. Fedele all’idea derridiana di pharmakon, l’autore propone di interpretare dall’interno il concetto stesso di “schermo di scrittura”, nel tentativo di elaborare una nuova “ermeneutica” degli schermi, capace di restituire un senso condiviso e la possibilità di un’esperienza attraverso i nuovi dispositivi e media interattivi.
The article considers the increasing influence acquired displayed by the screens of our devices for communicating information and elaborating data. These screens are becoming “writing screens”. They constitute a danger for our individual and collective experience, since they redesign in depth the temporality and rhythm of all human activities, above all work, which becomes now a life form that never stops accompanying our existence. According to Derrida’s concept of pharmakon, the author argues that the very concept of “writing screen” should be interpreted from within its nature, attempting to elaborate a new “hermeneutics” of screens – a hermeneutics capable of rendering a shared meaning, as well as the possibility of having experience through the new interactive media and devices.
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