La L. 27 maggio 2015, n. 69 ha riformato il falso in bilancio, eliminando le precedenti soglie di punibilità, sostituite con il principio di “rilevanza”. Nel concreto risulterà assai problematica l’esatta individuazione della portata di tali previsioni, incidendo in maniera importante sulle attività di chi è investito della responsabilità della redazione ed approvazione del bilancio o di chi è tenuto ai compiti di vigilanza e/o revisione. Nonostante l’intervento delle Sezioni Unite con la sentenza n. 22474/2016, l’eliminazione di qualsiasi soglia di punibilità presta il fianco ad inevitabili critiche, visto che non si può stabilire a priori quali siano in concreto i «fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero» o i «fatti di lieve entità», nozioni non determinabili in valore assoluto. La situazione accentuata dalle altre novità apportate dalla L. 27 maggio 2015, n. 69, ed in particolare con la procedibilità d’ufficio, in luogo della previgente necessità di apposita querela. Nel tentativo di ridurre l’incertezza, il Saggio analizza se i precedenti ragionamenti riguardanti il falso “valutativo” possano applicarsi ai “fatti materiali”. L’attenzione viene soprattutto posta sul concetto di “significatività” (e nella pratica professionale dal suo sinonimo di “materialità”) contenuto nel principio di revisione n. 320, proposto quale parametro per determinare la “rilevanza” e la condotta «concretamente idonea ad indurre altri in errore».
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