Il contributo è incentrato sulla figura del prelato bolognese Ludovico Beccadelli, 'insigne rappresentante della riforma cattolica, appassionato di studia humanitatis e discepolo di Pietro Bembo', intorno a cui, in età rinascimentale, si raggrupparono uomini religiosi e letterati, spesso ospitati nella villa suburbana di Pradalbino, 'Parnaso della sua gioventù'. Andrea Severi si sofferma soprattutto sulla relazione tra Beccadelli e Filippo Gheri - allievo del primo e fratello dell'amico Cosimo - che dedicò al maestro un carme in latino di 58 esametri la cui edizione, corredata di traduzione e commento e fedele al testo tradito dal manoscritto privo di segnatura conservato presso l'Archivio della Provincia di Cristo Re dei frati minori dell'Emilia-Romagna, è proposta in appendice al contributo. Con l'ausilio del testimone "Palatino 555", custodito a Parma e tramandante altre poesie del Gheri, l'A. ricostruisce la fitta trama di relazioni vigente nella società cortigiana cinquecentesca, divisa tra doveri civili e piaceri letterari e rappresentata da Beccadelli, uomo che 'incarna alla perfezione - come rilevò Carlo Dionisotti - il passaggio dall'umanista al cortigiano'
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