La memoria, com’è noto, costituisce una grande parte della nostra identità (sebbene i criteri di tale “identità” siano controversi). I documenti — intesi come iscrizioni — costituiscono la nostra memoria esterna in un modo peculiare, essendo sia un’ancora stabile sia un punto di riferimento rispetto al modo in cui cambiamo col tempo. Esiste però anche una memoria interna che risiede nel nostro cervello. Questa si basa in parte sulla documentazione esterna; ma ovviamente non è legata unicamente ad essa. Evolve nel tempo, riflettendo in parte problematiche etiche che ci portiamo dentro ed essendo influenzata da fattori emotivi, ad esempio nei nostri tentativi di eliminare memorie spiacevoli. Se, per esempio, la memoria interna di un’offesa personale ricevuta viene cancellata, la motivazione di testimoniare contro chi ci ha offeso è anch’essa eliminata o ridotta in larga misura, anche se i documenti che registrano l’offesa continuano ad esistere. Le nostre motivazioni in questo caso dipendono dal fattore emotivo nelle nostre memorie; nel momento in cui questo venga meno, anche se la memoria episodica autobiografica rimane, il valore e significato dell’evento svanisce, e con esso l’impulso ad agire. Le emozioni sono in larga misura le principali responsabili dei legami che abbiamo con i documenti; sono ciò che fa sì che le nostre memorie interne ed esterne abbiano significato. Affinché le iscrizioni riguardanti eventi nel passato abbiano un significato nelle nostre vite, esse devono in qualche misura possedere risonanza emotiva, generata dalle nostre esperienze di tali eventi e dalle nostre memorie di tali esperienze. I documenti sono sì fondamentali. Ma per noi e per le nostre vite sociali, devono essere accompagnati dalle nostre memorie interne.
Memory, as is well known, makes up a large part of our identity (even though the criterion of this “identity” is controversial). Documents – understood as inscriptions – make up our external memory in a peculiar way: they constitute both a stable anchor and a reference-point for our personal transformations over time. There is, however, also an internal memory, residing in our brain. This is based in part on external documentation; but it is of course not exclusively tied thereto. Rather it evolves dynamically over time, in part reflecting ethical debates which we carry on within ourselves and which is influenced also by emotional factors, for example as we try to erase memories that are unpleasant. If, for example, the internal memory of some offense against our person is erased, then the motivation to testify against those who offended against us no longer exists or is greatly reduced, and this is so even though the documents that record the offense remain. Our motivations here depend on the emotional factor in our memories; once this has been lost, even though the autobiographical, episodic memory still remains, then the value-significance of the event fades from our view, and with it the impulse to act. Emotions are in large part responsible for creating a bond with documents; they make it possible for our internal and external memories to have significance. There must be some degree of emotional resonance in inscriptions relating to events in the past, which arises out of our own experience of these events and from our memory of these experiences, for these inscriptions to have significance in our lives. Documents are thus fundamental. But for ourselves and for our social lives, they must be supplemented by internal memories.
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