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Una partita in cui non ci sono vincitori: Gmar gaviʻa di Eran Riklis

  • Autores: Sara Ferrari
  • Localización: Altre Modernità: Rivista di studi letterari e culturali, ISSN-e 2035-7680, Nº. 14, 2015 (Ejemplar dedicado a: Giocarsi l’identità: sport e culture, il locale e il globale), págs. 64-77
  • Idioma: italiano
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  • Resumen
    • Che lo sport non rappresenti esclusivamente un semplice hobby, un divertissement tramite il quale corroborare il corpo e distrarre la mente è cosa ben nota sin dai tempi più remoti. Pur configurandosi come una pratica che riguarda e coinvolge innanzitutto l’individuo e la sua complessità psicofisica, esso possiede parimenti un significato il quale trascende l’ordinarietà di questi esigui confini. Lo sport, infatti, scrive, ad esempio, Nitsch, non è soltanto un’attività “privata”, bensì un esercizio rivolto anche e soprattutto agli altri, ossia “uno spettacolo” (cf. Nitsch 1992: 278), con tutte le implicazioni che ne derivano. Lo sport è intrattenimento e comunicazione, divide e, al tempo stesso, unisce ed esalta, capace di esercitare sull’immaginario collettivo un potere catalizzatore paragonabile solo a pochi altri fenomeni culturali. Afferma Crosson: “sport has developed over the twentieth century and into the twenty-first to become one of the most important and influential of contemporary cultural practices” (Crosson 2013: 1), come si può ben notare...


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