I processi di globalizzazione dei mercati hanno provocato una profonda alterazione dei meccanismi di integrazione fra legge e contrattazione collettiva. In quasi tutti i paesi europei è stata introdotta una regolazione più flessibile dei rapporti di lavoro riconoscendo alla fonte negoziale margini sempre più ampi di deroga alle previsioni legali. Nell’ultimo decennio, sotto la spinta della crisi economica e delle regole imposte dalla nuova governance macroeconomica, le istituzioni europee si sono rese artefici di un pesante e sistematico attacco ai sistemi coordinati di contrattazione collettiva, ponendo come condizione degli aiuti finanziari agli stati a rischio di default lo smantellamento dei sistemi di contrattazione centralizzati, la riduzione dei meccanismi di estensione dei contratti collettivi, il blocco della contrattazione nel settore pubblico. La tendenza al ritiro del sostegno legislativo alla contrattazione collettiva di settore o multi-employer, che aveva in passato caratterizzato i paesi europei, è però contrastata da segnali opposti in alcuni paesi, come l’introduzione del salario minimo legale in Germania, attraverso procedure di estensione dei contratti collettivi in settori fortemente frammentati e con bassi salari.
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