Negli ultimi anni, lo Stato sociale è stato interessato da due problematiche: l’antinomia tra universalismo e selettività e le modalità d’offerta. Ciò chiama in causa l’opportunità che il ruolo pubblico sia sostituito o affiancato dall’introduzione di forme di mercato o di “quasi-mercato”. Sul primo aspetto, pur sottolineando che ciascuno dei due criteri ha caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto all’erogazione di specifiche prestazioni, si evidenzia che la selezione dei beneficiari, che pure è mossa da intenti equitativi, potrebbe ridurre il consenso dei cittadini-elettori allo Stato sociale e alle sue possibilità di erogare prestazioni aventi finalità redistributive. Sul secondo aspetto, anche e soprattutto per la particolarità dei beni e servizi sociali, la spinta alle forme di “quasi-mercato” non sempre hanno raggiunto i benefici sperati; risultati migliori potrebbero essere raggiunti da “quasi-monopoli”. Per entrambe le problematiche andrebbe tuttavia tenuto conto che la valutazione del benessere non dovrebbe ridursi al PIL. Nell’articolo, che riprende i risultati del Rapporto sullo stato sociale, 2007, curato dallo stesso autore, vengono analizzate le tendenze comunitarie e nazionali nelle diverse istituzioni del welfare. Più specificamente viene analizzato il modello della flexicurity e le problematiche di una sua applicazione nella realtà italiana. Per il nostro paese sono valutate anche le possibili linee di riforma settoriali, dedicando particolare attenzione alle prospettive della previdenza.
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