L'articolo esamina la complessa elaborazione delle politiche di gestione dell'emergenza in una società di antico regime, a partire dai racconti del disastro fatti dai sopravvissuti e dalle richieste di soccorso inviate alle istituzioni centrali. L'analisi si concentra in primo luogo su memorie e suppliche inviate al governo napoletano all'indomani del terremoto calabro-messinese del 1783, allo scopo di esplorare i processi sociali, politici e culturali attraverso cui la circolazione d'informazioni e di petizioni condusse alla fissazione d'influenti interpretazioni della calamità. L'analisi dei circuiti comunicativi da essa attivati consente di valutare l'influenza che le diverse letture dell'evento naturale ebbero sulla preparazione del programma di ricostruzione, e di mostrare che in tale processo le istanze delle comunità colpite non rimasero del tutto inascoltate.
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