L’A. muove dalla constatazione che il problema della giustificazione causale ha da sempre accompagnato l’istituto del licenziamento collettivo e dal rilievo che le divergenze che ancora oggi esistono sul punto tra dottrina e giurisprudenza rendono la questione certamente attuale. L’A., dopo aver illustrato le tesi affermatesi in dottrina e in giurisprudenza prima dell’entrata in vigore della l. n. 223/1991, evidenzia la contrapposizione tra la ricostruzione attualmente accolta da gran parte della giurisprudenza, secondo la quale l’istituto del licenziamento collettivo ha rilevanza esclusivamente procedurale di modo che il sindacato del giudice può svolgersi solo sull’osservanza degli obblighi procedurali e quella, sostenuta in dottrina, secondo cui al giudice non può essere in nessun caso precluso il controllo sulla sussistenza dei presupposti causali del licenziamento anche se collettivo. La questione, evidenzia l’A., ha un pregnante rilievo pratico, dal momento che la posizione giurisprudenziale rischia di trasformare il licenziamento collettivo in un recesso ad nutum nel quale l’assenza di ragioni giustificatrici non intacca la validità o l’efficacia del recesso. L’A. analizza, quindi, puntualmente i diversi profili entro cui rileva il sindacato giurisdizionale relativo agli aspetti causali e, segnatamente, il controllo sul nesso causale, la corretta applicazione del principio di extrema ratio e il problema dell’applicazione del c.d. obbligo di repêchage anche ai licenziamenti collettivi, la verifica della sussistenza della medesima causale rispetto ai licenziamenti intimati nell’ambito della medesima procedura.
Strettamente connessi alla questione della giustificazione, e oggetto di specifica attenzione nella trattazione, appaiono inoltre il nodo relativo al regime sanzionatorio applicabile alle ipotesi di licenziamento collettivo ingiustificato e la questione relativa alla c.d. conversione del licenziamento collettivo in una pluralità di recessi individuali. L’A. conclude la propria analisi nel senso di ritenere quanto mai opportuno, anche nell’ordinamento italiano, un esplicito riconoscimento della coincidenza causale tra licenziamento per riduzione del personale e licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo attraverso la creazione di un’unica definizione di licenziamenti per motivi economici.
This paper argues that the problem of the “justificatory cause”, which has always played a part in the regulation of redundancies and lay-offs, is of considerable interest today. After a review of the definitions adopted by legal scholars and in case law, before the entry into force of Act no. 223/91, the author highlights the contrast between the conception currently adopted in most case law rulings, according to which the question of collective lay-offs is entirely a procedural matter, in the sense that the courts may take only procedural matters into account, and the argument, currently put forward by legal scholars, that the courts should not be deprived of the opportunity to ascertain the reasons for the dismissals, even when they are collective. In the author’s view the question is of considerable importance from a practical point of view, since the case-law position risks turning collective lay-offs into a kind of ad nutum dismissal, in which the absence of justificatory reasons does not affect the validity or the effectiveness of the dismissal. The author then examines the various aspects to be taken into account by the courts in relation to the reasons for redundancy, and in particular the nature of the causative connection, the proper application of the extrema ratio principle, and the problem of the application of the so-called obbligo di repêchage (rehiring principle) also for collective dismissals, and the ascertainment of the existence of a justificatory reason for redundancies taking place under this procedure. Closely linked to the question of the justificatory reason, and a matter that is given particular attention in this paper, is the question of the sanctions to be applied in the case of unjustified redundancies and the conversion of collective redundancies into a series of individual dismissals. The author concludes the analysis by arguing that there is a need also in the Italian system for an explicit recognition of the causal connection between dismissals due to a reduction in staffing levels and individual dismissals for a justified objective reason, by means of the adoption of a single definition for dismissals for economic reasons.
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