Erano anni in cui ci si guardava sempre le spalle, in cui chiunque poteva facilmente diventare simbolo dello ‘Stato borghese’, dei ‘padroni’, uno di quelli da colpire per educarne cento, magari gambizzandoli. Una pratica che induceva nella vittima un dolore atroce, al punto che qualcuno morì d'infarto. Anche i giornalisti erano nel mirino, soprattutto quelli ‘di regime’ che lavoravano in Rai, come era allora il poeta Ennio Cavalli. Che in queste pagine ricostruisce quegli anni sospesi fra ‘disincanto e sgomento’ e racconta gli incontri, molto tempo dopo, con alcuni ex brigatisti a casa dell'amico Erri De Luca.
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