The aim of this contribution is to assess the soundness of the juxtaposition between “natural disasters” and “environmental or technological disasters” taking into account the consequences from a labour law and industrial relations perspective. Because of the unpredictability of natural disasters, the role of the welfare system is limited to providing mere emergency support and first aid to the population and the affected areas in the aftermath of a disaster. Conversely, because of the predictability of technological and environmental disasters, it is up to the courts to reconstruct the causal nexus and to impose compensatory and/or sanctioning measures on those held responsible in civil, criminal and administrative terms. According to a widely accepted interpretation, technological or environmental disasters are attributable to human behaviour, thus implying that one can be held legally responsible or criminally culpable. However, the same does not apply to natural disasters, generally deemed as completely unpredictable. The question that arises here – and that we try to address for the first time – is whether the labour law and the industrial relations system may also provide a contribution in terms of prevention and proactive management of the consequences of natural disasters on individuals, economies and labour markets.
L’obiettivo del presente contributo è valutare l’attendibilità della contrapposizione tra “disastri naturali” e “disastri tecnologici o ambientali” tenuto conto delle conseguenze che ne derivano per chi si occupa di diritto del lavoro e di relazioni industriali. L’imprevedibilità dei primi affida ai sistemi pubblici di welfare compiti meramente emergenziali e di primo sostegno alle popolazioni e ai territori colpiti. La prevedibilità dei secondi affida, per contro, alla giustizia civile, penale e amministrativa la ricostruzione dei nessi di causalità e l’applicazione ex post delle relative sanzioni ai soggetti ritenuti responsabili. Passando in rassegna i fattori critici che la letteratura internazionale riconduce a tali eventi, l’A. sottolinea che se anche i “disastri naturali” sono in un certo senso prevedibili, in quanto fenomeni naturali, e se, in un numero rilevante di casi, le loro conseguenze dirette e indirette su cose e persone sono aggravate dalla condotta dell’uomo, è evidente che non è più possibile continuare a parlare di mera fatalità. Tale acquisizione porta a enfatizzare l’aspetto prevenzionistico, se non dell’evento in sé quantomeno delle possibili conseguenze per le persone, i sistemi produttivi locali e i sottostanti mercati del lavoro, piuttosto che limitarsi unicamente a quello emergenziale e alle misure, di stampo prevalentemente straordinario ed eccezionale, per la ripresa. Un profilo, quello prevenzionistico, che dovrebbe essere centrale anche rispetto ai disastri tecnologici o ambientali che meglio avrebbero potuto essere affrontati, come evidenziano esperienze quali il caso Ilva di Taranto in Italia o il disastro nucleare di Fukushima in Giappone. In questo contesto, il diritto del lavoro, le relazioni industriali e i sistemi di welfare possono quindi fornire un contributo anche in termini di prevenzione dell’evento e comunque, a disastro avvenuto, di gestione proattiva delle sue conseguenze sulle persone e sulle comunità colpite, con specifico riguardo alla tenuta del sistema produttivo e, con esso, alla tutela dei redditi e dei livelli occupazionali.
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