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Resumen de Appellationem recipere vel non. Il ‘filtro’ in appello

Stefano Liva

  • English

    The phase of the appeals which took place before a iudex a quo had its basic time when the first instance judge was called to decide whether to adopt the appeal or not. The normal conduct of the procedure, and its continuation with the judge ad quem, depended on the preliminary control concerning the absence of reasons for nonsuit tied up to matters of formal order.

    According to the traditional opinion, however, the first instance judge, during the whole classical age, had the further power to stop the appeal when he had considered it without grounding. This study has tried to submit the communis opinio to critical analysis, showing how logical considerations and textual data could be sufficient to assume an alternative background. We try to demonstrate, starting by the results of a recent study on the poena appellationis and the other sanctions against the reckless appealing party, that the necessary ‘filter’ function of appeals, essential to preserve the right functioning of the second degree justice administration, was performed not by the iudex a quo, on the basis of a rough assessment about the validity of the proposed appeal, but pointing out the risk of hard pecuniary penalties to the appellant in the event that the judge ad quem, rejecting the appeal, had considered it groundless and brought with a purely dilatory aim and then reckless.

  • italiano

    La fase del processo d’appello che si svolgeva innanzi al iudex a quo viveva quale primo e fondamentale momento quello in cui il giudice di primo grado era chiamato a decidere se recepire o meno l’impugnazione. Il naturale svolgimento del procedimento e la sua continuazione presso il giudice ad quem era certamente condizionato dal preliminare accertamento circa l’assenza di ragioni di improcedibilità legate a questioni di ordine formale.

    Secondo l’opinione tradizionale tramandata in dottrina tuttavia, il giudice di primo grado, per tutta l’età classica, era investito di un ulteriore e significativo potere, quello di bloccare il corso dell’appello qualora lo avesse ritenuto manifestamente privo di ogni fondamento. Con questa indagine si è cercato di sottoporre a vaglio critico la communis opinio, mostrando come considerazioni di ordine logico e dati testuali sembrerebbero sufficienti per ipotizzare uno scenario alternativo. Muovendo dai risultati di un recente studio condotto sulla poena appellationis e sulle altre sanzioni previste contro l’appellante temerario, si è provato a dimostrare che la necessaria funzione di ‘filtro’ degli appelli, indispensabile per preservare il corretto funzionamento dell’amministrazione della giustizia di secondo grado, fosse svolta non dal iudex a quo, sulla base di una sommaria valutazione circa la fondatezza del gravame proposto, ma prospettando all’appellante il rischio di vedersi applicate severe misure di natura pecuniaria nel caso in cui il giudice ad quem, nel respingere l’impugnazione, l’avesse giudicata priva di ogni motivo, proposta a mero scopo dilatorio e dunque temeraria.


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