Le misure di confisca costituiscono delle «pene» ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione: tale conclusione, che è il risultato dell’interpretazione autonoma della nozione di «pena» ai sensi dell’articolo 7, comporta l’applicabilità di questa disposizione, anche in assenza di un procedimento penale ai sensi dell’articolo 6. Tuttavia, non esclude la possibilità per le autorità nazionali di imporre «pene» mediante procedure diverse dai procedimenti penali nel senso del diritto nazionale.
L’articolo 7 osta a che una sanzione penale sia inflitta su base individuale senza che sia stata accertata e dichiarata preventivamente la sua responsabilità penale personale. In caso contrario, la presunzione di innocenza garantita dall’articolo 6 § 2 della Convenzione sarebbe anch’essa inapplicata. La dichiarazione di responsabilità penale deve rispettare le tutele di cui all’articolo 7 e derivare da un procedimento che soddisfi le esigenze dell’articolo 6.
La dichiarazione sostanziale di colpevolezza pronunciata dalla Corte di cassazione, nonostante il fatto che l’azione penale per il reato sia prescritta viola la presunzione di innocenza (caso in cui il ricorrente è stato assolto in appello e la confisca è stata annullata dopo che il progetto di lottizzazione era stato considerato compatibile con il piano d’occupazione e con le disposizioni urbanistiche; decisione successivamente annullata senza rinvio dalla Corte di cassazione).
L’applicazione automatica della confisca in caso di lottizzazione abusiva prevista dalla legge italiana è in contrasto con il principio di proporzionalità dell’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni, in quanto non consente al giudice di valutare quali siano gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso di specie e, più in generale, di bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione
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