Poetry, for Mario Luzi, is a human figure, a question and a spy of man’s apprehension. He participates, by accretion, in the work of creation (he recognizes himself as a scribe, not as a scriptor). In the greeting addressed to Giovanni Paolo II, during the visit to the florentine civitas (1986), he asserts the centrality of man, saying: «Man: we learned here in Florence to say this word with particular intention, as a prodigy in which creation was identified with the creator; or as a mystery which it was impossible to outline the outlines». The intervention intends to deepen this issue in the work of Luzi, with reference to Leopardi and Dante
La poesia, per Mario Luzi, è cifra dell’umano, interrogazione e spia dell’inquietudine dell’uomo. Egli partecipa, per accrescimento, all’opera della creazione (si riconosce come scriba, non come scriptor). Nel saluto che rivolge a Giovanni Paolo II, in occasione della visita alla civitas fiorentina (1986), asserisce la centralità dell’uomo, dicendo: «L’uomo: si imparò qui a Firenze a dire questa parola con particolare intenzione, come intendendo un prodigio in cui la creazione si fosse identificata con il creatore; o come di un mistero di cui fosse impossibile delineare i contorni». L’intervento intende approfondire tale questione nell’opera luziana, con riferimento a Leopardi e a Dante.
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