In questo articolo si dimostra che si trovano, alla fine del Cinquecento, degli esempi d'arte esplicitamente clericale che decostruiscono la pragmatica estetica tridentina, elaborata per esempio da Gabriele Paleotti nel suo "Discorso intorno alle imagini sacre e profane" (1582). Vengono analizzati due esempi significativi che mettono in scena un tema controriformistico per eccellenza, e cioè il tema del martirio: gli affreschi di Nicolò Circignani nella chiesa gesuitica di Santo Stefano Rotondo a Roma (1582) ed il Trattato de gli instrumenti di martirio, e delle varie maniere di martoriare dell'oratoriano Antonio Gallonio (con incisioni di Antonio Tempesta), pubblicato nell' anno 1591 e ristampato successivamente in latino. Gli affreschi ed il testo con le sue illustrazioni sovvertono strutturalmente l'intenzione didattica dell'estetica tridentina e infrangono le norme del decorum controriformistico. Gallonio per esempio assegna una funzione erotica al personaggio del martire facendo ricorso a motivi e strutture narrative della letteratura profana. Formalmente i nostri due esempi si inseriscono nel discorso manieristico, opposto all'estetica controriformistica. L'utilizzazione formale di tecniche manieristiche — non viene attualizzato esplicitamente un modello epistemologico anti-controriformistico — decostruisce finalmente l'estetica tridentina anche a livello semantico.
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