Nel suo romanzo ellenistico, Achille Tazio introduce il motivo filosofico della disapprovazione dell'innamoramento per fama. In contrasto all' innamoramento basato sul contatto diretto degli occhi, Achille Tazio giudica quest'affetto in modo negativo per la mancanza dell'incontro delle anime degli amanti, che può avvenire solo attraverso gli occhi, specchi dell'anima. Nell'articolo, si cerca di mostrare che Giovanni Boccaccio, nel "Decameron" VII,7, utilizza quest' intertesto ellenistico per segnalare la sua distanza rispetto alle strutture narrative del medioevo, specialmente all' "Amour Courtois". Partendo da questo motivo come generatore narrativo della novella, Boccaccio decostruisce non solo gli ideali cortigiani del medioevo, ma inserisce anche il motivo in un contesto molto più ampio. Alla fine dell'analisi, la novella VII,7 si rivela una novella programmatica per l'estetica, in modo particolare per quella rinascimentale ed antimedievale, adottata da Boccaccio. Riguardo a Machiavelli si può affermare che, nella sua commedia "Mandragola", fa ricorso ancora una volta al filosofema greco. Anch'egli si serve dell'intertesto ellenistico e, dalla prospettiva cinquecentesca, boccaccesco, con uno scopo metapoetico: quello di indicare le sue modalità di imitatio e di aemulatio nell' ambito della tradizione del genere.
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