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Tra reale e digitale: nuove forme di narrazione nello spazio

    1. [1] Università di Siena Siena, Italia
  • Localización: Letra. Imagen. Sonido: Ciudad Mediatizada, ISSN-e 2545-658X, ISSN 1851-8931, Nº. 20, 2019, págs. 93-105
  • Idioma: italiano
  • Títulos paralelos:
    • Between real and digital: New forms of narration in space
  • Enlaces
  • Resumen
    • italiano

      La svolta locative della comunicazione digitale ha reso sempre più attuale l’idea di “estraibilità”: se per Jenkins essa era relativa all’idea che i fan prendessero con se aspetti della storia per riportarli e riutilizzarli negli spazi della vita quotidiana (gli esempi andavano dai parchi giochi al merchandising), le nuove possibilità date dai locative media, dalle tecnologie di augmented reality ecc. spingono a una sempre maggior interazione tra worldbuilding digitale e esperienza del quotidiano se non a vera e propria sovrapposizione degli spazi reali e finzionali, in un’ottica che pone comunque al centro la performatività dei pubblici. Oggetto di questo articolo è il cosiddetto Location-based Storytelling, o Site-specific mobile storytelling: si tratta di esperienze narrative interattive costruite attraverso programmi e applicazioni che richiedono all’utente di muoversi fisicamente nello spazio allo scopo di rivelare dei frammenti narrativi attraverso dei device mobili. In questo contesto anche gli spazi, nella loro concretezza figurativa, diventano (o ridiventano) piattaforme per lo sviluppo di narrazioni, di storie che attraverso i media digitali vengono inscritte all’interno dei luoghi e con le quali il destinatario interagisce non solo mentalmente, ma anche fisicamente, in quanto corpo all’interno di uno spazio che è già narrativizzato, che è già è allestito come ambiente narrativo. L’articolo intende proporre una prima riflessione semiotica a riguardo, soffermandosi in particolare su tre questioni: innanzitutto, le opportunità e le costrizioni che simili progetti offrono in merito alla costruzione narrativa; in secondo luogo, il rapporto tra nuove pratiche permesse e anzi stimolate dalle installazioni “digitali” e dalle tecnologie locative e la questione più generale (e assai dibattuta) delle pratiche spaziali urbane; infine, la reale natura del rapporto tra mondo reale e mondo digitale: parlare di augmented reality impone infatti di precisare il suo rapporto con il mondo “reale”, non tanto in termini ontologici, quanto semiotici, in relazione dunque con la costruzione del senso.

    • English

      The “locative turn” of digital communication has made the idea of “extractability” more and more up to date: for Henry Jenkins it was related to the idea that the fans would take aspects of the story with them in order to bring them back and reuse them into the spaces of their everyday life (for example from playgrounds to merchandising). The new possibilities given by locative media, augmented reality technologies, etc., lead to an increasing interaction between digital worldbuilding and everyday experience and even to an actual overlapping of real and fictional spaces, in a perspective that places the performance of the public at the centre. The subject of this article is the so-called Location-Based Storytelling (or Sitespecific Mobile Storytelling), a kind of interactive narrative experience based on applications that require the user to physically move in a space in order to reveal narrative fragments through the use of mobile devices.

      Here, in their figurative concreteness, the spaces themselves become platforms for the development of narratives which, through digital media stories, are inscribed within the places. The recipient interacts with them not only mentally, but also physically, as a body within a space that is already narrativized and set up as a narrative environment. The article proposes a first semiotic ref lection focusing particularly on three issues: first, the opportunities and constraints that similar projects offer about narrative construction; secondly, the relationship between the new practices allowed (and even stimulated) by digital installations and rental technologies and the more general (and much debated) question of urban spatial practices. Finally, the nature of the relationship between the “real” and the digital world: speaking of augmented reality requires in fact to specify its relationship with the “real” world, not so much ontologically but rather in semiotic terms in relation, therefore, with the construction of meaning.


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