Se, nel 1988, l’appello incidentale portava ancora le «stimmate impresse all’atto della sua comparsa nello scenario processuale italiano», quando (era il 1930) la legittimazione esclusiva del pubblico ministero ne faceva un pezzo da teratologia processuale, il d.lgs. n. 11 del 2018 ha compiuto l’azione di rottura che, con l’entrata in vigore del nuovo codice, era mancata. L’ultima manovra non ha semplicemente modificato la disciplina codicistica dell’istituto; ne ha sovvertito, bensì, la ratio e la funzione, sgomberando il campo dalle interferenze che esso pativa sin dalla primogenitura. Tale rivolgimento sconsiglia di avvicinare la riforma con un approccio metodologico che, di default, recepisca e mutui le soluzioni ermeneutiche prevalenti sotto l’usbergo del testo abrogato, configurando come eccezione il loro superamento; suggerisce, invece, di fare il contrario, perché le coordinate di riferimento tradizionali sono state cancellate e, per certi aspetti, hanno fatto spazio alle loro antitesi
Italian Legislative decree no. 11/2018 has deeply changed both the nature and the function of the ‘incidental appeal’. Originally conceived – in 1930 – as a Public Prosecutor’s prerogative, it was first turned into a safeguard for any parties to the proceedings in 1988, and then into an accused person’s exclusive power in 2018. Such a reconfiguration of this legal institution casts some doubts on the possibility to consider past interpretations to be still valid and applicable at present time
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