Durante la pandemia da Covid-19, l’attenzione pubblica si è rivolta alle app di tracciamento dei contatti come possibile soluzione alla diffusione del virus, e molti Paesi si sono mossi in questa direzione. Nel rispetto della protezione dei dati personali, i Paesi dell’UE hanno aderito a una serie di principi fondamentali: volontarietà, interoperabilità, copertura normativa, specificazione dello scopo, minimizzazione, trasparenza, protezione, sicurezza e tempestività. Nonostante i tempestivi sforzi delle politiche pubbliche, le app di tracciamento non sono state un successo in molti Paesi, ed è quindi opportuno aprire una riflessione sull’insuccesso di una politica pubblica che ha sostenuto con decisione l’uso delle tecnologie digitali per scopi di pubblica utilità.
Il presente articolo propone un’analisi comparata su nove Paesi dell’OCSE: Australia, Corea del Sud, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Nuova Zelanda, Russia e Spagna. Delinea i fattori specifici della politica pubblica di ogni Paese che hanno reso possibile l’uso delle app di tracciamento.
Vengono presi in esame: obiettivi, strumenti, criteri di selezione degli appalti pubblici, risorse e contesto in cui la politica è stata attuata. L’articolo si concentra su tre lezioni apprese dall’analisi comparativa: il paradosso della privacy, la scelta di una tecnologia di interesse pubblico, e l’intreccio sistemico che l’implementazione di una politica pubblica deve prendere in considerazione per migliorare l’efficacia di un’azione di interesse pubblico.
Parole chiave: politica in materia di scienza, tecnologia e innovazione, big data, Covid-19, privacy, app, informazioni, utenti, tracciamento dei contatti, sviluppatori, Australia, Corea del Sud, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Nuova Zelanda, Russia, Spagna.
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