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Sulla corruzione del parlamentare italiano rappresentante presso l' assemblea del Consiglio d' Europa. Note a margine del caso Volontè

  • Autores: Maria Chiara Ubiali
  • Localización: Rivista italiana di diritto e procedura penale, ISSN 0557-1391, Nº 1, 2021, págs. 243-256
  • Idioma: italiano
  • Títulos paralelos:
    • A New Decision on Bribery of Members of Parliament in the Trial of former MP Luca Volontè
  • Texto completo no disponible (Saber más ...)
  • Resumen
    • English

      The decision taken by the Court of Milan in a case involving Luca Volontè, a former member of the Italian Parliament and Italian representative at the Assembly of the Council of Europe, reaffirms the consolidated approaches found in the Supreme Court case law on the issue of bribery of Members of Parliament. Among the principles reiterated herein, there is one whereby the crime of bribery for an act contrary to official duties (Art. 319 of the Italian Criminal Code) cannot be committed by a Member of Parliament who receives an undue benefit in connection with the performance of his/her duties. In addition to this and other established principles, the case in question provides an opportunity to focus on evidentiary issues that may arise in the assessment of the corrupt agreement, in those cases in which the object of the pactum sceleris is the function of a public subject holding a political/elected office.

    • italiano

      La sentenza annotata, definendo in sede di rinvio un giudizio che vedeva coinvolto l'ex membro della Camera dei deputati e rappresentante italiano presso l'Assemblea del Consiglio d'Europa, Luca Volontè, ribadisce gli approdi consolidatisi nella giurisprudenza in tema di corruzione del parlamentare. Tra gli altri, trova nuova conferma il principio — per la prima volta affermato dalla Cassazione nel 2018 nella sentenza riguardante l'ex Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi e l'ex Senatore Sergio De Gregorio — secondo cui non è configurabile il delitto di corruzione propria (art. 319 c.p.), ma solo quello di corruzione funzionale (art. 318 c.p.), nei confronti di un deputato che riceva un'indebita utilità in relazione all'esercizio della sua funzione. La vicenda in esame offre in particolare lo spunto per soffermarsi sui problemi di natura probatoria che possono emergere nell'accertamento del sinallagma corruttivo, paradigmatici di quei casi in cui oggetto del pactum sceleris è la funzione di un soggetto pubblico che ricopre un incarico politico/elettivo.


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