Pavese, or the the long way of A generation (Una generazione) · In his life as much as in his work, Pavese has often been a target for labels that would eventually always miss the mark miserably: a friend who “is not a good friend”, a novelist “whom many keep on thinking of as […] a realist”, a poet of antinomies (city-countryside and so on) which are not such. A case study/story in this sense is A generation. This poem, belonging to Lavorare stanca, was republished in the aftermath of World War II in 1945 in the journal «l’Unità» (Turin), together with a note by the author. The individual and collective memories are bound together, going beyond the mere fact of – the “massacre of Brandimarte”, taking place in Turin in December 1922.
Let us read the poem and attached note, using the tools of philology with “hermeneutics disposition”.
Nella vita come nell’opera, Pavese è spesso stato segno di etichette che hanno inevitabilmente fallito il bersaglio: compagno che «non è un buon compagno», romanziere «che molti si ostinano a considerare […] realista», poeta delle antinomie (città-campagna e via dicendo) che poi tali non sono. Una storia esemplare in questo senso è quella di Una generazione, componimento di Lavorare stanca ripubblicato all’indomani della Liberazione su «l’Unità» di Torino, insieme a una nota dell’autore. La memoria individuale si salda a quella collettiva, offrendo lo spunto per una testimonianza che trascende il mero fatto di cronaca – l’eccidio di Brandimarte, consumato a Torino nel dicembre 1922. Rileggiamo la poesia e la nota che l’accompagna, utilizzando con disposizione ermeneutica gli strumenti della filologia.
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