Il territorio italiano è, come noto, ad alto rischio sia dal punto di vista naturale, sia da quello antropico. Invero, per un verso, è suscettibile di terremoti, alluvioni, frane, eruzioni vulcaniche, incendi. Per un altro verso a tali rischi, definibili come naturali, si sommano quelli legati alle attività dell’uomo, che contribuiscono alla fragilità del nostro territorio.
In tema di gestione del rischio naturale è ampiamente conosciuta la formula simbolica, ripresa in recenti scritti in materia di protezione civile da Umberto Allegretti, che correla il rischio alla pericolosità dovuta al tipo di territorio, alla vulnerabilità, vale a dire alla propensione al danno che un bene potrebbe conseguire dall’evento, e l’entità del danno. Ovviamente, in base a questa formula, è molto rilevante conoscere la pericolosità e quindi monitorarla, ma a fronte della pericolosità, ad esempio della sismicità di un’area, la differenza può essere determinata dall’azione sulla vulnerabilità, che nella specie può diminuire a causa delle tecniche antisismiche utilizzate per gli edifici e, in generale, per le costruzioni…
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