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«Copiati esattissimamente in misura rigorosa»: note sulle prime incisioni dei dittici eburnei del Tesoro del Duomo di Monza. Anton Francesco Gori, Anton Francesco Frisi e i fratelli Trivulzio nella seconda metà del Settecento

    1. [1] University of Milan

      University of Milan

      Milán, Italia

  • Localización: Acme : annali della Facoltà di lettere e filosofia dell'Università degli studi di Milano, ISSN 0001-494X, Vol. 75, Nº. 1, 2022, págs. 117-152
  • Idioma: italiano
  • Enlaces
  • Resumen
    • English

      The Treasury of Duomo of Monza preserves three famous ivory diptychs part of litur-gical furnishings which belonged to Berengario of Friuli (10th century): diptych of Stilicho and diptych of the Poet and the Muse, both Late Antique, and diptych of King David and St. Gregory, more controversial in dating and interpretation (6th century and Carolingian Age). Anton Francesco Gori is the first editor of the diptychs: he pub-lished them into the second volume of Thesaurus veterum diptychorum consularium et ecclesiasticorum (1759), furnishing it with three plates by Andrea Scacciati. Although he never viewed them, the Florentine erudite focuses on a wide critical examination of the artefacts based mainly on the watercolours painted by Girolamo Ferroni, who was hired by the Milanese marquis and precious mediator Alessandro Teodoro Trivu-lzio. In 1794, the canon Anton Francesco Frisi, who is considered the father of Mon-za’s historiography, decides to re-edit the diptychs in the third volume’s opening of his Memorie storiche di Monza e sua corte. Advised by don Carlo Trivulzio, erudite and owner of a rich unit of ancient ivories and supported by Giulio Cesare Bianchi’s humble engravings, Frisi offers a reading which clarifies and partially confirms what Gori wrote before, reading that is mildly argumentative about «chi non ha esaminati personalmente i Monumenti, sui quali ragiona». Considering on the background the cultural context of the time and the personalities who got involved, alongside the help of the documents divided by Veneranda Biblioteca Ambrosiana in Milan, Fondazione Trivulzio Archives and Biblioteca Marucelliana in Florence, this paper aims to pro-pose a reconstruction of the events, focusing on the connection between the original version (the diptychs) and the copy (drawings and etchings that followed).

    • italiano

      Nel Tesoro del Duomo di Monza si conservano tre celebri dittici eburnei relativi alla dotazione di suppellettili liturgiche di Berengario del Friuli (inizi X secolo): il ditti-co di Stilicone e quello del Poeta e della Musa, entrambi tardo antichi; il dittico di re Davide e san Gregorio Magno, di datazione e lettura più controverse (VI secolo ed età carolingia). Primo editore dei pezzi è Anton Francesco Gori nel secondo volume del Thesaurus veterum diptychorumconsularium et ecclesiasticorum (1759), corre-dato di tre tavole di Andrea Scacciati. Pur non avendo mai visionato i manufatti, l’e-rudito fiorentino dedica ad essi un’ampia disamina critica basandosi essenzialmente sugli acquerelli del pittore Girolamo Ferroni, reclutato dal marchese milanese e pre-zioso intermediario Alessandro Teodoro Trivulzio. Nel 1794 il padre della storiogra-fia monzese, il canonico Anton Francesco Frisi, risolve di rieditare i dittici in apertura del terzo tomo delle sue Memorie storiche di Monza e sua corte. Consigliato da quel don Carlo Trivulzio erudito e proprietario di un ricco nucleo di avori antichi, suppor-tato dalle modeste incisioni di Giulio Cesare Bianchi, offre una rilettura che puntua-lizza ed emenda in parte quanto scritto dal Gori, condita da una vena polemica contro «chi non ha esaminati personalmente i Monumenti, sui quali ragiona». Sullo sfondo del contesto culturale dell’epoca e delle personalità che vi presero parte, con l’ausi-lio della documentazione divisa tra la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, l’Archivio della Fondazione Trivulzio e la Biblioteca Marucelliana di Firenze, il con-tributo intende proporre una ricostruzione degli avvenimenti con attenzione al rap-porto tra originale (i dittici monzesi) e copia (disegni e incisioni che ne scaturirono).


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