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Resumen de Antichità disputate: Ricerche archeologiche in Italia nell’ultimo quarto del XIX secolo tra iniziative straniere e politiche tutorie della Direzione generale per le AA.BB.AA.: il caso di Vulci

Filippo Delpino

  • English

    For a long time, reasons of “la2” and “national decorum” were opposed to the possibility of granting foreigners the permission to carry out archaeological excavations in Italy. In reality, neither papal regulations, which remained in force in the province of Rome until 1902, nor the laws of 1902 and 1909 precluded foreigners from carrying out archaeological excavations. The opposition stemmed rather from so-called “national decorum” - i.e. the particular ethical value attached to the study and protection of antiquities, considered a sign of a “greatness” that reverberated from the past to the present – and from the desire to restrain a rapacious antiquities market dominated by the vast resources of foreign museums and collectors. In this context, a new awareness matured in the Direzione Generale per le Antichità regarding the nature of archaeological finds as historical documents, the need to bring them to light with careful research, and to valorise them in museum exhibitions that respected their contexts of origin. Hence a whole programme of activities aimed at the creation and growth of the Villa Giulia Museum and opposition to archaeological research carried out by foreigners, considered an obstacle to the achievement of that programme.

  • italiano

    Sono state a lungo opposte ragioni di “diritto” e di “decoro nazionale” alla possibilità di concedere a stranieri la facoltà di eseguire scavi archeologici in Italia. In realtà, né la normativa pontificia, restata in vigore nella provincia di Roma fino al 1902, né le leggi del 1902 e del 1909 precludevano la possibilità a stranieri di effettuare scavi archeologici. L’opposizione nasceva piuttosto dal cosiddetto “decoro nazionale”, vale a dire dal particolare valore etico che si annetteva allo studio e alla tutela delle antichità, considerate segno di una “grandezza” che dal passato si riverberava sul presente, e dalla volontà di porre un freno a un mercato antiquario rapace, dominato dalle grandi risorse di musei e collezionisti stranieri. In questo contesto, nella Direzione generale delle antichità maturava una nuova consapevolezza circa la natura di documenti storici propria dei reperti archeologici, la necessità di riportarli in luce con ricerche oculate e di valorizzarli in esposizioni museali rispettose dei contesti di provenienza. Di qui tutto un programma di attività finalizzate alla creazione e all’accrescimento del Museo di Villa Giulia e l’opposizione a ricerche archeologiche effettuate da stranieri, considerate un intralcio alla realizzazione di quel programma.


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