The need to talk about the Holocaust, about race, about discrimination, continues today, and remains at the center of the cultural horizon of the historian, the philosopher, the sociologist, the politician, the common man, the jurist. And also of the criminal science. Many authors have addressed the topic, ready to fight for their own crusade of truth, in particular on an issue of denialism that has become code-bound, now deploying it along the lines of moral teaching, now on the ridge of the prevention of mass crime, now on the border of freedom of thought. It is the Great Theme of repeated History and denied History, which has long been on the streets through multifaceted episodes broadly of racial discrimination, which rage on a national and global scale: it is the criminal phenomenology of innovative crimes against equality.
Big Theme, which to be understood requires not only the analysis of the codified article, but a broader reflection on the meaning of human equality and on the neo-modern contents of the concepts of social equality, historicity and factuality, which imbue criminal law. The reasoning that follows thus tries to gather these threads, establishing the cardinal points of a proposal that begins by framing a typicality for the Constitution of criminally guaranteed equality, at the same time the right of the social community and the right of the person. And it tries to achieve two goals. Demonstrate the continuous and uncertain typicality of a criminal case already written by the 18 in the text of the art. 3, today conspicuously transfused and reformulated in the margins of the art. 604 bis of the Criminal Code, and demonstrate its openness to punish those behaviors of racial discrimination capable – from time to time – of depriving the social community of its unity made up of equals, and the man who composes it of the necessary relationship of belonging to it, fundamental part and instrument for the formation of his identity
Il bisogno, di parlare di Shoah, di razza, di discriminazione, ancora oggi continua, e rimane al centro dell’orizzonte culturale dello storico, del filosofo, del sociologo, del politico, dell’uomo comune, del giurista. Ed anche della scienza penale. Molti Autori hanno affrontato l’argomento, pronti a combattere per la propria crociata di verità in particolare su una questione di Negazionismo diventata codicistica, schierandola ora sul filo dell’insegnamento morale, ora sul crinale della prevenzione della criminalità di massa, ora sul confine della libertà di pensiero. È il Grande Tema della Storia ripetuta e della Storia negata, da tempo risceso per strada attraverso multiformi episodi di discriminazione latamente razzista, che imperversano su scala nazionale e mondiale: è la fenomenologia criminosa degli innovativi delitti contro l’uguaglianza. Tema Grande, che per essere compreso necessita non solo dell’analisi dell’articolo codificato, ma di una più ampia riflessione sul senso dell’uguaglianza umana e sui contenuti neo-moderni dei concetti di uguaglianza sociale, di storicità e di fattualità, che impregnano il diritto penale. Il ragionamento che segue prova così a raccogliere questi filoni, fissando i punti cardinali di una proposta che inizia con l’inquadrare una tipicità per Costituzione dell’uguaglianza garantita penalmente, al contempo diritto della comunità sociale e diritto della persona. E cerca di raggiungere due obiettivi. Dimostrare la tipicità continua e incerta di una fattispecie penale già scritta dai 18 nel testo dell’art. 3, oggi vistosamente trasfusa e riformulata nei margini dell’art. 604 bis c.p., e dimostrarne l’apertura a punire quei comportamenti di discriminazione razziale capaci – di tempo in tempo – di privare la collettività sociale della sua unità fatta di uguali, e l’uomo che la compone della necessaria relazione di appartenenza ad essa, parte e strumento fondamentale per la formazione della sua identità.
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