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La vittimizzazione secondaria della “non vittima” di violenza sessuale di gruppo: la rilevanza quale criterio logico di valutazione della motivazione della sentenza riferita alla vita privata e alla sessualità

  • Autores: Alessandro Andronio
  • Localización: Cassazione penale, ISSN 1125-856X, Vol. 61, Nº. 12, 2021, págs. 4130-4154
  • Idioma: italiano
  • Títulos paralelos:
    • Secondary victimization of a “non-victim”: Relevance as a logical standard for the motivation of the judicial decision referring to private life and sexuality
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  • Resumen
    • English

      The European Court of Human Rights held, by six votes to one, that there had been: a violation of Article 8 (right to respect for private life and personal integrity) of the European Convention on Human Rights. The case concerned criminal proceedings against seven men who had been charged with the gang rape of the applicant and had been acquitted by the Italian courts. The Court held that the applicant’s rights and interests under Article 8 had not been adequately protected, given the wording of the Florence Court of Appeal’s judgment. In particular, the national authorities had not protected the applicant from secondary victimisation throughout the entire proceedings, in which the wording of the judgment played a very important role, especially in view of its public character. Among other points, the Court considered the comments regarding the applicant’s bisexuality, her relationships and casual sexual relations prior to the events in question to have been unjustified. It found that the language and arguments used by the court of appeal conveyed prejudices existing in Italian society regarding the role of women and were likely to be an obstacle to providing effective protection for the rights of victims of gender-based violence, in spite of a satisfactory legislative framework. The Court was convinced that criminal proceedings and sanctions played a crucial role in the institutional response to gender-based violence and in combatting gender inequality. It was therefore essential that the judicial authorities avoided reproducing sexist stereotypes in court decisions, playing down gender-based violence and exposing women to secondary victimisation by making guilt-inducing and judgmental comments that were capable of discouraging victims’ trust in the justice system.

    • italiano

      Nel caso in esame la Corte EDU ha ritenuto, a maggioranza (sei voti contro uno), che c’è stata violazione dell’art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e dell’integrità personale), in un procedimento penale contro sette uomini accusati di avere commesso violenza sessuale di gruppo, ai danni della ricorrente e che sono stati assolti dai giudici italiani. La Corte constata che i diritti e gli interessi della ricorrente ai sensi dell’art. 8 non sono stati adeguatamente tutelati, in considerazione del contenuto della sentenza della Corte d’appello di Firenze. In particolare, le autorità nazionali hanno omesso di proteggerla dalla vittimizzazione secondaria durante tutto il procedimento, del quale la redazione della sentenza è parte integrante di primaria importanza, specialmente per la sua natura pubblica. La Corte considera ingiustificate le osservazioni riguardanti la bisessualità, i rapporti sentimentali e quelli sessuali occasionali della ricorrente prima del fatto e ritiene che il linguaggio e gli argomenti utilizzati dalla Corte d’appello trasmettono pregiudizi sul ruolo della donna che esistono nella società italiana e che rischiano di ostacolare una protezione efficace dei diritti delle vittime della violenza di genere, nonostante un quadro legislativo soddisfacente. La Corte afferma che l’azione penale e le sanzioni svolgono un ruolo cruciale nella risposta istituzionale alla violenza di genere e nella lotta alla disuguaglianza tra sessi. È quindi essenziale che le autorità giudiziarie evitino di riprodurre stereotipi sessisti nelle decisioni dei tribunali, di minimizzare la violenza contro il genere e di esporre le donne alla vittimizzazione secondaria usando parole colpevolizzanti e moralistiche idonee a scoraggiare la fiducia delle vittime nella giustizia.


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