Il contributo ha per oggetto l’indagine, in una prospettiva storicogiuridica, del principio ‘in illiquidis non fit mora’. Partendo dal contenuto di alcune pronunce rese dalla Corte di Cassazione italiana negli anni 2022-2023 – ove se ne propone una origine talvolta romana, talvolta romanistica –, viene innanzitutto ricostruito il quadro normativo che, a partire dal codice civile italiano del 1865, ha condotto alla elaborazione della categoria dogmatica degli interessi moratori ed al problema della loro decorrenza in relazione al requisito della liquidità del credito. In tale percorso scientifico, profondamente stimolato dalla dottrina e dalla giurisprudenza dei primi anni del Novecento, la corretta individuazione delle origini del brocardo ‘in liquidandis non fit mora’ assume un ruolo centrale e di notevole rilievo per avallare, oppure contestare, la fondatezza (soprattutto sotto il profilo della tradizione romanistica) delle moderne elaborazioni intorno al rapporto fra interessi di mora e crediti illiquidi. Nella seconda parte dello studio vengono valutate le principali fonti di epoca romana attraverso cui si snoda il dibattito sulle origini di ‘in illiquidis non fit mora’ (segnatamente Venul. 12 stipul. D. 50.17.99, Ulp. 34 ad ed. D. 22.1.21, Paul. 37 ad ed. D. 22.1.22, Paul. 37 dig. D. 22.1.24pr., Iul. 17 dig. D. 50.17.63 e C. 8.27.5), anche alla luce delle interpretazioni dei Dottori medievali, ai quali sembra riconducibile la formulazione del principio oggetto di indagine.
The essay focuses on the investigation, from a historical-legal perspective, of the principle ‘in illiquidis non fit mora’ (there is no default in illiquid claims). Starting from the content of some rulings by the Italian Corte di Cassazione in the years 2022-2023 – where its origin is sometimes traced back to Roman law, sometimes to the Romanistic juridical tradition – we reconstruct the normative framework which, from the Italian Civil Code of 1865, led to the development of the doctrinal category of moratory interests and the issue of their accrual in relation to the requirement of the liquidity of the claim. In this juridical journey, deeply influenced by the doctrine and jurisprudence of the early twentieth century, the accurate identification of the origins of the legal maxim ‘in liquidandis non fit mora’ plays a central and significant role in supporting or challenging the validity (especially from the perspective of the Romanistic juridical tradition) of modern theories regarding the relationship between moratory interests and illiquid claims. In the second part of the study, the main sources from Roman times are evaluated through which the debate on the origins of ‘in illiquidis non fit mora’ usually unfolds (specifically Venul. 12 stipul. D. 50.17.99, Ulp. 34 ad ed. D. 22.1.21, Paul. 37 ad ed. D. 22.1.22, Paul. 37 dig. D. 22.1.24pr., Iul. 17 dig. D. 50.17.63, and C. 8.27.5). This evaluation is done considering the interpretations of medieval Doctors, to whom the formulation of the principle under investigation seems attributable.
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