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La traducción de los verbos sintagmáticos italianos al español

  • Autores: Andrea Artusi
  • Directores de la Tesis: Cesáreo Calvo Rigual (dir. tes.), Julia Sanmartín Sáez (codir. tes.)
  • Lectura: En la Universitat de València ( España ) en 2017
  • Idioma: español
  • Tribunal Calificador de la Tesis: Manuel Carrera Díaz (presid.), Estefanía Flores Acuña (secret.), Claudio Iacobini (voc.)
  • Materias:
  • Enlaces
    • Tesis en acceso abierto en: TESEO
  • Resumen
    • La lingua italiana si serve di costruzioni verbali analitiche piuttosto produttive in sincronia, che appartengono a una classe aperta, in continua espansione, e sono composte da una base verbale (V), solitamente di moto, e una particella (P), dal valore per lo più locativo, unite da un grado di coesione sintattica tale da essere percepite come un tutt’uno dai parlanti. Si tratta di espressioni del tipo fare fuori, mettere sotto, tirarsi su, spesso denominate verbi sintagmatici (VS), in linea con la terminologia adottata in un articolo di Raffaele Simone (1996) che ha avuto il merito di suscitare l’interesse dei linguisti sull’argomento, dando il via a una serie di ricerche sotto prospettive diverse.

      Oggi, nelle altre lingue romanze questo sistema analitico verbale sembra non essere parimenti sviluppato. In spagnolo, ad esempio, sebbene esistano delle costruzioni assimilabili ai VS italiani (comunque inferiori in numero e meno frequenti nell’uso), a differenza dell’italiano non si può parlare di una classe omogenea di verbi sintagmatici, con caratteristiche ben delineate (Calvo Rigual, 2008). In una ricerca precedente Artusi (2016), in cui abbiamo studiato la traduzione spagnola dei VS italiani che appaiono nell’opera Lessico famigliare di Natalia Ginzburg (1963), è stato evidenziato che, a causa di differenze tipologico-strutturali tra lo spagnolo e l’italiano, nella maggior parte dei casi i VS sono tradotti con un verbo monorematico (VM). Inoltre, nella disamina è emerso che la semantica opaca di alcuni VS italiani non è stata interpretata correttamente dalla traduttrice, comportando degli errori gravi sul piano linguistico. Per questo motivo abbiamo ipotizzato che i VS possano essere considerati un problema di traduzione (Hurtado Albir, 2001), lasciando a future ricerche, basate su corpora più estesi, il compito di confermare o confutare tale ipotesi.

      Partendo da queste premesse, in questa tesi di dottorato miriamo a verificare in quale modo la lingua spagnola sia solita colmare il vuoto sintattico-strutturale dovuto alla scarsa produttività di VS nel suo sistema linguistico. Per farlo ci serviamo di un corpus parallelo (italiano-spagnolo) creato appositamente ai fini di questa ricerca e costituito da 21 opere di prosa contemporanea italiana (allineate alla loro traduzione edita in Spagna). Per studiare in quale modo vengano tradotti i VS italiani in spagnolo, adotteremo in primo luogo un criterio di classificazione formale, in grado di rappresentare le strutture linguistiche utilizzate nel testo di arrivo, con l’obiettivo di corroborare la validità della prima delle due ipotesi di partenza. In secondo luogo analizzeremo gli errori di traduzione che sono stati trovati nel corpus, per stabilire se i VS debbano essere considerati un problema di traduzione (seconda ipotesi di partenza). Infine, prendendo le mosse dagli studi di Tipologia Linguistica, studieremo più da vicino la traduzione dei VS di moto, con lo scopo di analizzare come sono stati tradotti le due componenti semantiche fondamentali nell’espressione del movimento, il Path (traiettoria) e il Manner (maniera), cioè con quali tecniche di traduzione.

      Questo lavoro è suddiviso in cinque capitoli. Dopo un breve capitolo introduttivo che riassume le caratteristiche principali dei VS e gli obiettivi che ci prefiggiamo in questa tesi di dottorato, nel secondo si offre una sintesi dei contenuti dello studio di Simone (1996) e degli altri studi fondamentali – in cui si menzionano e/o si analizzano questi costrutti analitici verbali – che hanno preceduto e succeduto la sua pubblicazione. All’interno dello stesso capitolo, ci dedicheremo alla questione della genesi dei VS, delineando le diverse ipotesi che sono state formulate al riguardo, per concludere che non sono stati originati tramite un calco di strutture germaniche, ma che costituiscono un fenomeno interno, appartenuto alla lingua sin dalle sue origini. In seguito, si espongono alcuni degli studi che analizzano il fenomeno dal punto di vista diatopico, in due corpora (LIP e AIS), e in alcuni dialetti e varietà ragionali. Per quanto attiene alla diatopia, dagli studi svolti sino ai giorni nostri si evincerà che i VS sembrano più frequenti e produttivi nelle varietà centro-settentrionali, sebbene non siano assenti in quelle meridionali. Si passa quindi a considerare la questione in luce diafasica, diamesica e distratica. In tali sezioni, pur sottolineando la propensione dei VS ad apparire in contesti informali e legati all’oralità, si palesa la necessità di eseguire ulteriori ricerche in merito.

      Nel terzo capitolo si collega la questione dei VS agli studi più influenti della Tipologia Linguistica, in concreto facendo riferimento alle ricerche di Leonard Talmy e Dan Isaac Slobin sulla lessicalizzazione degli eventi di moto. Si adotterà la distinzione talmiana tra satellite-framed languages (SFL) e verb-framed languages (VFL), basata sul luogo di codifica della componente principale del movimento, il Path (traiettoria): l’italiano e lo spagnolo (assieme alle altre lingue romanze) appartengono alle VFL in quanto generalmente codificano il Path all’interno della base verbale (uscire). Tuttavia, i VS italiani sembrano costituire un’eccezione importante al pattern generale individuato da Talmy, giacché in virtù della propria analiticità tali costruzioni codificano il Path nella P, cioè all’esterno della base verbale (andare fuori). Si esamina quindi la situazione in sincronia nelle principali lingue germaniche e romanze, per concludere da un lato che le costruzioni V+P di lingue come l’inglese o il tedesco sono simili ai VS italiani solamente in apparenza, e dall’altro che in sincronia in francese e spagnolo tali costrutti, a differenza dell’italiano, non sembrano essere produttivi. Successivamente, si dedica una sezione alla questione dei VS spagnoli e catalani in chiave contrastiva rispetto all’italiano, per poi osservare che negli studi grammaticali e fraseologici spagnoli e catalani il fenomeno è pressoché ignorato. Il capitolo si conclude con alcune osservazioni attinenti al trattamento dei VS nei dizionari monolingui (italiani) e bilingui (italiano-spagnolo/catalano), dove si sottolinea che nelle opere lessicografiche non godono di una considerazione soddisfacente, presentando dei problemi di tipo macrostrutturale e microstrutturale.

      Nel quarto capitolo ci si sofferma succintamente sui princìpi fondamentali dell’approccio traduttologico funzionalista, come il rifiuto della tradizionale concezione di «traduzione ideale», segnalando la necessità di andare oltre i modelli di tipo prescrittivo, per porre al centro della riflessione le finalità che soggiacciono a ogni traduzione. Ci mostreremo anche d’accordo con l’orientamento epistemologico relativista, difeso dalla scuola funzionalista, circa la percezione della realtà (e di riflesso dei testi) necessariamente soggettiva e vincolata a una serie di variabili come ad esempio la cultura e il momento storico in cui si ricevono le traduzioni. Tuttavia, pur abbracciando l’approccio funzionalista e i suoi princìpi, non possiamo non rilevare la presenza di errori di traduzione nel testo d’arrivo. In questo capitolo si espongono quindi i criteri di valutazione di tali errori. Nella sezione successiva si offre una lista di tecniche di traduzione che saranno utilizzate in alcuni casi per analizzare le soluzioni traduttive dei brani considerati, sottolineando la distinzione tra i concetti di metodo, strategia e tecnica di traduzione. Passeremo poi alla questione della traduzione degli eventi di movimento, per esporre i risultati di alcune fondamentali ricerche circa la traduzione del Path e del Manner e riportare quindi la classificazione, che utilizzeremo nella nostra disamina, delle tecniche di traduzione individuate negli studi più influenti in materia.

      Il quinto capitolo si apre con la descrizione del corpus, della sua elaborazione e dei criteri in base ai quali è stato creato (tipologia testuale, data di pubblicazione dell’opera originale, prestigio letterario e successo riscosso, massima rappresentatività di autori e traduttori, lingua nativa dei traduttori, qualità delle traduzioni, ecc.). Si procede poi con l’esposizione dei risultati dell’estrazione del subcorpus italiano, nel quale sono stati individuati 2853 occorrenze di VS. Nello specifico si espongono i dati quantitativi e qualitativi attinenti alle particelle, alle basi verbali e alla loro associazione. A questo punto si propone la lista completa dei VS del corpus, con un’analisi dal punto di vista semantico e alcune considerazioni concernenti la loro distribuzione nel corpus, concludendo la sezione con considerazioni di stampo diatopico. Si giunge quindi all’analisi dei testi paralleli, con l’obiettivo di elencare le strutture linguistiche più frequenti in termini percentuali nella traduzione spagnola dei VS italiani. Tra tutte, spicca l’uso di VM (46,7%), a conferma dell’ipotesi iniziale. Le altre strutture linguistiche che sono state individuate sono: V + sintagma preposizionale (22,5%), V + sintagma avverbiale (9,8%), VS (7,3%), perifrasi verbali (4,1%), parafrasi (3,9%). Dopo aver contestualizzato alcuni brani esemplificativi delle corrispondenze traduttive, analizziamo gli errori di traduzione rilevati nei testi spagnoli, sottolineando che, oltre agli inevitabili calchi lessico-strutturali, sono stati commessi gravi errori di interpretazione ed espressione, che danno come risultato una riproduzione parziale, inesatta, falsa, e in alcuni casi persino contraria a quanto si dice nel testo originale. Anche la seconda ipotesi di partenza verrà pertanto confermata. Infine, ci soffermeremo sull’analisi della traduzione dei VS di movimento (dalla semantica composizionale), con l’obiettivo principale di elencare le tecniche di traduzione che sono utilizzate per tradurre le componenti semantiche del Manner e del Path. Quanto al Manner, sono state individuate 9 tecniche diverse. Dopo aver specificato l’importanza di interpretare con le dovute precauzioni i dati ottenuti, alla luce cioè della classificazione adottata (comprensiva di verbi come tirare, che a nostro avviso veicolano sia il Manner che il Path), osserviamo che le tecniche principali utilizzate nel testo di arrivo spagnolo comportano l’omissione (45,1%) o la riproduzione (45%) dell’informazione del Manner. Per concludere la disanima della traduzione della componente del Manner abbiamo considerato due sottoclassi semantiche di Manner verb («rapid movement away from source» e «rapid movement toward a goal»), che secondo degli studi anteriori sono le più feconde in italiano. In questi casi, il dato più interessante dal punto di vista traduttologico e contrastivo è la pervasività delle strutture perifrastiche verbali spagnole nelle traduzioni della sottoclasse «rapid movement away from source». Per quanto concerne la traduzione del Path, sebbene si delinei qualche differenza tra italiano e spagnolo nella codifica di questa componente, nel 78,3% dei casi l’informazione a essa attinente viene mantenuta anche nella traduzione, un dato che non sorprende, specie se consideriamo che italiano e spagnolo appartengono alla stessa famiglia tipologica. Quel che invece pare interessante è che per esprimere il Path le due lingue si servono di elementi formali diversi.

      In appendice ripresentiamo i risultati di una nostra recente ricerca (Artusi, in stampa) sul trattamento dei VS nei manuali di italiano L2, con una proposta metodologica per il loro insegnamento.


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